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IMMIGRAZIONE, PAURE, E, FORSE, UN PO' DI RAZZISMO

Se un caso di epatite…

Che la storia abbia i suoi corsi e i suoi ricorsi, come affermava Giovanni Battista Vico, non c'è alcun dubbio. Il cammino della nostra storia ripropone ciclicamente situazioni, accadimenti e fenomeni che, pur con le differenze dovute ai mutamenti generazionali, all'evoluzione tendenziale della natura e del genere umano, presentano analogie con il passato. Questo accade per la terra che alterna, nella sua millenaria evoluzione, grandi glaciazioni ad ere di grandi surriscaldamenti. Così la storia dell'uomo ha segnato periodi di grande esaltazione della natura umana, della sua intelligenza e creatività a periodi terribili caratterizzati dalla violenza, dall'abbrutimento nei costumi, dalla decadenza dei sentimenti e delle idee. Il Rinascimento, fase di grande esaltazione della genialità dell'uomo e della sua sensibilità finissima tornò a illuminare, in Europa e soprattutto in Italia, la parte centrale del secondo millennio. Le luci dell'intelletto e della conoscenza si riaccesero su un'area che, dopo i fulgori dell'impero romano, era piombata, per una sequela di secoli, i secoli bui appunto, nello squallore e nel vuoto più totale di valori. L'Anno Mille aveva segnato forse l'inizio di quel lentissimo riscatto che, attraverso le esperienze dei Comuni, riportò piano piano agli splendori del Trecento e del Quattrocento fino all'esplosione del pieno Rinascimento.

L'Italia, verso la fine del primo millennio attraversò un periodo di invasioni ripetute e diffuse. Quelle che ricordiamo tutti come le invasioni dei barbari furono eventi drammatici e traumatici segnati da violenze, distruzioni, lutti e miserie. Unni, Goti, Visigoti, Ostrogoti attraversarono lo stivale in lungo e in largo, Longobardi, Normanni, Bizantini, Ungari, Magiari, Arabi Musulmani e Saraceni imperversarono per il nostro paese per tre o quattro secoli a cavallo del Mille. Oggi, a distanza di un migliaio di anni, rimangono ancora, di quelle immigrazioni, segni e testimonianze evidenti e importanti nella nostra cultura e nei nostri stessi connotati; di quelle intrusioni violente restano ancora inestimabili capolavori e tesori nell'arte, nell'urbanistica, nella politica. I barbari di allora seminarono le basi della nostra storia moderna.

Oggi a distanza di una decina di secoli, alle soglie di un nuovo millennio, ci ritroviamo più o meno lo stesso scenario e siamo sottoposti a nuove e imponenti invasioni. I barbari di allora oggi si chiamano extracomunitari. Violenti, spavaldi, assetati di dominio, di oppressione, al seguito di condottieri rozzi e feroci, i primi non trovarono nemmeno una strenua resistenza alla loro avanzata in una terra ridotta ormai all'ombra di se stessa. I secondi arrivano oggi alla spicciolata, sbandati, sbucano dalle stive delle navi quando non vengono scaraventati sulle spiagge o nelle acque gelide delle nostre coste. Come i primi mettevano a ferro e fuoco tutto quello che trovavano sul loro cammino questi scappano dai campi di accoglienza, si disperdono sul territorio, clandestini, spesso braccati, alla ricerca di un nascondiglio di un rifugio. Un lavoro miserabile, a nero e malpagato è già una fortuna. Chi non ce l'ha diventa preda della malavita, costretto alla delinquenza e alla prostituzione. Emarginati e rifiutati dalla società civile vengono ricercati solo se c'è da assistere uno scomodo malato cronico o il nonno oramai non più autosufficiente.

A Borgo San Lorenzo un caso di epatite A, riscontrato in un piccolo ospite della scuola materna, è diventato un caso. Nella preoccupazione giustificata dei genitori, e nella mobilitazione generale che ne è nata, si è insinuata una venatura subdola dal vago ed evanescente odore di razzismo. Ne è nata perfino una mozione in Consiglio Comunale con la quale "visto che il plesso scolastico non è nuovo a casi di infezione e appreso che anche questa volta la fonte di tale malattia proviene da bimbi extracomunitari" un capogruppo dell'opposizione ha chiesto l'impegno del Comune "ad adottare strumenti idonei ad evitare il ripetersi di casi analoghi".

Che i plessi scolastici siano spesso ambienti dove insieme alle tabelline e all'alfabeto si impara di tanto in tanto a far la conoscenza coi pidocchi e con la scabbia è risaputo da prima dell'arrivo degli extracomunitari. Potremmo fare scuole separate per i bambini extracomunitari, così come scuolabus, negozi, cinema, bar. Potremmo chiedere l'intervento delle forze armate per far sfollare tutti gli extracomunitari dal Comune compresi gli americani, i canadesi, gli svizzeri o gli australiani. Per eliminare le condizioni igienico-sanitarie favorevoli allo sviluppo delle malattie infettive forse potrebbe bastare un ripulisti di somali o di filippini ma la vecchia nonna incontinente poi la dovremmo affidare alla costosa assistenza delle cliniche private, no?!

E' giusto affrontare il problema dell'immigrazione, come tutti gli altri, con differenti valutazioni, idee e punti di vista ma non sprechiamo il nostro tempo e quello di chi ci amministra per dar corpo ai fantasmi della nostra cattiva coscienza o seguire l'astiosa ripicca di una politica che ha bisogno di scheletri ammuffiti e di untori inesistenti per mascherare la mancanza di idee e di programmi generosi e originali.

Il Natale che si avvicina, l'ultimo prima del Duemila, visto da questa prospettiva somiglia più a un anonimo giorno dei secoli bui che all'alba luminosa del terzo millennio. Ma è proprio di questa invece che vorremmo vedere i bagliori.

Guido Molinelli

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