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La copertina di questo mese
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PERSONAGGI

 NICOLA LISI

Come favolista iniziò la sua carriera letteraria un altro scarperiese (il riferimento è al Clasio), Nicola Lisi (1893-1975), che occupa un posto di un certo rilievo, pur avendo patito una forte sottovalutazione ed emarginazione, nella storia delle lettere italiane novecentesche. E si può dire, pur con qualche necessario distinguo, che Nicola Lisi è la figura di scrittore che più di ogni altro sintetizza, per così dire, la "mugellanità": è cattolico, e in Mugello il cattolicesimo permeava la vita in modo evidentissimo; i suoi personaggi, quasi tutti di grande semplicità psicologica, senza rovelli, lotte e inquietudini, traggono origine dalla vita sociale mugellana di primo Novecento, almeno in superficie quieta e immota. Ed è il Mugello, pur spesso trasfigurato e dissimulato, il substrato costante e la frequente ambientazione di tante pagine dello scrittore e in massima parte il suo ultimo volume Parlata dalla finestra di casa (1973), dove la presenza del Mugello è costante nel flusso dei ricordi dello scrittore, e numerosissimi sono gli ambienti, i luoghi, gli episodi, i paesi mugellani ricordati.

Per Lisi si è parlato spesso di un particolarissimo "realismo magico" per la sua capacità di cogliere l'incanto delle cose, e in massima parte della natura. E questa capacità di raccordarsi intimamente al creato Lisi la sperimentava soprattutto in Mugello, dove tornava spessissimo e volentieri, nella sua casa di Ponzalla a Scarperia.

Così confidò una volta, a chi lo intervistava:

L'ispirazioni l'ebbi nella mia terra, il Mugello. Le uniche cose da vedere, con il paesaggio, con il cielo, erano quelle della religione e fin da bambino fui attratto dalla liturgia della Chiesa. Vedevo riti, processioni (massime, le rogazioni!) come il sole, la pioggia, cosicché l'elemento sacrale, in me, s'è mescolato con quello terrestre.

Si tratta certo di un Mugello idealizzato e filtrato dalla particolare sensibilità dello scrittore, ma certo il semplice e profondo senso religioso presente ed esplicito nella vita delle comunità rurali del Mugello -che non a caso in tempi coevi all'opera del Lisi dettero significativi frutti anche in campo sociale, sindacale e politico, con le Leghe bianche, la fervida attività intorno alle parrocchie e all'associazionismo cattolico, la radicata presenza del partito Popolare, l'atteggiamento antifascista- era un fatto oggettivo.

Lisi però non era uno scrittore sociale, dedito a scrivere epopee delle masse popolari e nel Mugello, nel suo ambiente immoto, nelle sue armonie di paesaggio trovava pace e sacralità, e il luogo natio diveniva spesso scoperta ispirazione. Basta leggere un'incantata visione de La mano del tempo:

Dall'alto

Indugiatosi a guardare le estese, livellate nebbie
che interamente coprivano la valle,
assistette, con dolce meraviglia,
all'inaugurarsi della primavera nel canto dell'usignolo
sulla grande quercia, che da quel velato mare, nella luce del mattino,
felicemente emerse.

dove è immediata l'immagine del Mugello che, colmo di nebbia, appare come un vasto lago bianco.

Oppure osservare il modo tutto particolare, temperato e lieve, con il quale tratta gli avvenimenti della guerra:

Dalla cosiddetta linea Gotica di sull'Appennino, un soldato scenda verso l'abitato, nella piana. Al bivio di una mulattiera s'incontrò con un contadino, che aveva una veste rossa sottobraccio. Il soldato gl'ingiunse di mettersela addosso: sospettava che quella fosse divisa partigiana. Ma quando il contadino impaurito se la serrava ai fianchi col cordiglio, il tedesco fece una risata. Poi nel suo stento italiano disse: "A che sorta di esercito appartieni con due nappole mence al posto delle bombe?" Rispose il contadino: "Alla compagnia della Trinità, la quale ha per scopo, come dice il priore, di combattere il demonio unendoci in preghiera".

Disse il tedesco che non capiva bene e che lo avrebbe seguito per vedere. Il contadino, allora, si sfilò e ripiegò la cappa. Giunsero così dinanzi alla chiesa:a un piazzaletto erboso che dà sulle colline degradanti sino all'acque della Sieve. Quivi il contadino chiese al soldato il permesso di andare a mettersi la cappa insieme ai confratelli, i quali - disse - già erano pronti in sagrestia agli ordini del provveditore. Il tedesco, a quel nome, ricredette di avere in mano le fila di unm complotto: con un brusco cenno del capo accondiscese. Nell'attesa che si maturasse un avvenimento tale da dover prendere una risoluzione, andò a sedersi di fra l'erba. Si alzò quando sonarono le campane e vide spalancarsi la porta di chiesa. Escivano, a coppie, gl'incappati: slargandosi fino dall'ingresso nel piazzale, si movevano, in processione, cantando a ripresa l'antifona che, di volta in volta, intonava il prete. Il tedesco, pur essendo estraneo a siffatti riti, ricordò i bei cori della gente al suo paese: nelle sagre delle piazze e intorno casa. Perciò sorrise al contadino quando, a capo basso, ma guardando di sottecchi gli passò vicino.

(da Amore e desolazione, 1946)

In Lisi la trasfigurazione del Mugello, se è dettata dall'amore per la propria terra, venato della nostalgia propria di chi si è trasferito in città, corre accanto ad una costante frequentazione degli ambienti mugellani.

Così, se nel suo diario di guerra, Amore e desolazione (1946), ricorda il Mugello con toni accorati

Mi ero addormentato nel pensiero che la guerra si abbia rapidamente a spostare sino al Mugello, dove sono nato e dove sono sepolti i miei, per là sostare. So che i tedeschi vi hanno fatto e fatto fare opere imponenti a difesa sulle cime dell'Appennino. Mi trema il cuore per la molto probabile possibilità che tutto, nella vallata, vada distrutto,

in Parlata dalla finestra di casa mostra con tutta evidenza la sua consuetudine con la storia, la vita, l'ambiente mugellano.

Nelle gite dal paese a Buonsollazzo, fino a S. Piero a Sieve conveniva di passare dalla via maestra. C'era col caldo il polverone della massicciata, ma radi i carri agricoli ed i veicoli in genere, di quel poco, a sollevarlo. Non mai d'impedimento, dunque, a guardare o dall'una o dall'altra parte sino all'orizzonte: specie di angelicato mare di cui le onde fossero colori. Ciò anche di ristorno ad ancestrali realtà scomparse. Il territorio del Mugello, dal deposito della sua memoria, ne ripropone qualche testimonianza, fra cui quella che, da ragazzo, più mi sorprendeva: l'osso di balena trovato sul posto e messo in mostra di traverso la facciata di una fra le dipendenza della villa a Cafaggiolo. Esso aveva per me più attrattiva della tanto celebrata villa stessa.

Nicola Lisi iniziò come favolista, scrisse pagine per il teatro, ma l'opera che gli dette la massima notorietà fu il Diario di un parroco di campagna (1942) che vide numerosissime ristampe.

E Lisi si ricorda soprattutto come narratore, con la sua prosa nitida e ricercata, che unisce arcaicità e modernità di forme, aliena da ansie descrittive e realistiche, attenta piuttosto ad evocare, tanto da far parlare alcuni critici di un particolare surrealismo lisiano, sostanziato però di estremo candore -emblematico il titolo di un'altra sua importante opera, Paese dell'anima-, e alcuni tra i suoi racconti entrarono in molte antologie scolastiche degli anni '60. Collaboratore dell'importante rivista fiorentina "Il Frontespizio", fondatore nel 1923 di una rivistina, il "Calendario dei pensieri e delle pratiche solari", insieme a Piero Bargellini e Carlo Betocchi, una rivistina fondata in Mugello e che dal Mugello trae la maggior parte dei suoi contenuti, Lisi è uno scrittore atipico nella letteratura dell'Italia del '900, con le sue pagine popolate di angeli e frati, parroci e visioni mistiche, ma anche capace di modernissimi sussulti e d'improvvise profondità.

Paolo Guidotti

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